Dante e il Casentino, poesia e natura

Un itinerario nei luoghi cari al sommo poeta
Il Casentino, una vallata dolcissima e aspra insieme, custodisce come uno scrigno preziose memorie dantesche. La prima che balza alla mente è quella della grande battaglia di Campaldino, combattuta l’11 giugno 1289 tra Firenze guelfa e Arezzo ghibellina, con la totale disfatta di quest’ultima. Nello scontro Dante combatté tra i ranghi dell’esercito fiorentino,

e in più luoghi della Commedia egli cita episodi della battaglia.
La piana di Campaldino è ancora lì, verdissima in primavera e in estate, appena un po’ più spenta nei colori lo è in autunno ed in inverno, incorniciata da una corona di colline e montagne che lo circondano (il Pratomagno da una parte, l’Appennino dall’altra e la Verna che austera sentinella le fa è sullo sfondo) e gli stessi cieli tersi o foschi che testimoniarono il massacro.

Una colonna commemorativa del 1921 è l’unica traccia della storia, per il resto solo qualche edificio rurale, e purtroppo qualcuno moderno, punteggiano la pianura senza turbarne eccessivamente l’armonia. In certi momenti, concentrandosi, pare di sentire ancora il fracasso di armi e armature che sbattono, e l’ansimare di uomini e cavalli. In lontananza, dall’alto della sua collina, il castello di Poppi controlla la situazione.
Le tracce di Dante Alighieri in Casentino

Anche a Poppi si ritrovano tracce dantesche, se è vero che il poeta vi fu ospite dei munifici conti Guidi del Casentino, che pare lo accogliessero anche nel loro impervio castello di Romena, alle spalle di Pratovecchio.
Il castello di Poppi, altrimenti detto palazzo dei conti Guidi, è secondo il Vasari opera di Lapo, padre di Arnolfo di Cambio, che a questo castello si sarebbe ispirato per il progetto di Palazzo Vecchio a Firenze.
Il castello di Romena, poderosa fortezza dalla triplice cinta muraria, la cui articolazione è ancora oggi rilevabile nonostante la perdita di molte delle torri che la costituivano, fu il teatro, oltre che di un probabile soggiorno di Dante in esilio, anche delle gesta del famoso falsario mastro Adamo citato nell’Inferno, e la Fonte Branda di cui egli parla nel poema è visibile ancora oggi, benché ormai asciutta.